Digital Pollution: per inquinare basta un click
Navigare in Internet e utilizzare gli strumenti digitali può inquinare?
Leggere le notizie online mentre facciamo colazione, dare il buongiorno agli amici su Whatsapp, controllare i messaggi presenti nella casella di posta elettronica, postare un commento su Facebook, acquistare prodotti online: sono tutte attività entrate, via via, a far parte della nostra quotidianità. Se Internet fosse uno Stato avrebbe oltre 4 miliardi di abitanti/utenti e sarebbe tra i maggiori consumatori di energia, per la precisione il terzo dopo Stati Uniti e Cina. Eppure navigare in Internet non è certo carbon-free! Al contrario.
Il digital pollution, l’inquinamento digitale, contribuisce ogni giorno alla produzione di ingenti quantità di CO2. Giusto per avere un’idea, quasi il 4% delle emissioni di CO2 sono attribuibili al trasferimento globale di dati e all’infrastruttura ad esso necessaria. Secondo Greenpeace al settore IT va addebitato il 7% del consumo di elettricità globale. Utilizzando, per esempio, il cellulare tutti i giorni per un’ora, in un anno si sarà prodotto l’equivalente delle emissioni di un volo Milano – New York, cioè 1,25 tonnellate di CO2.
E non va meglio con le email. Secondo quanto afferma l’agenzia francese per l’ambiente e la gestione dell’energia, Adame, 8 email inquinano, in media, quanto 1 km percorso dalla tua auto, inviare 140 email produce 168 kg di CO2, l’equivalente di un viaggio in macchina da Londra a Bruxelles. Per non parlare dei video online! Pare, infatti, che nel 2018 questi abbiano prodotto ben 306 milioni di tonnellate di CO2: l’intera produzione annuale di gas serra della Spagna.
I principali responsabili dell’inquinamento digitale sono i Data centre che alimentano la vita online degli utenti della Rete e che, lavorando incessantemente, producono anidride carbonica. A tal proposito, proprio per aumentare l’efficienza energetica dei Data centre si stanno battendo varie strade, che contemplano, tra le varie opzioni, l’utilizzo dell’energia prodotta da acqua e vento per raffreddare i server.
Anche i grandi colossi si stanno attivando per ridurre l’impatto ambientale del digital pollution, cercando di reperire l’energia da fonti rinnovabili, riducendo gli sprechi, migliorando l’efficienza energetica, investendo in progetti per la salvaguardia della foresta tropicale, o per la rigenerazione dell’ecosistema in Australia, vittima dei disastrosi incendi dei mesi scorsi.
Si sta, inoltre lavorando ad un’alternativa al cosiddetto Cloud computing, basato sull’utilizzo dei Data centre centralizzati, distanti anni luce dagli utenti. L’idea è quella di ribaltare questa concezione, attraverso un’infrastruttura decentrata, chiamata Edge Computing, composta da tanti micro Data centre, distribuiti in modo capillare, così da collocarsi in prossimità degli utenti e ridurre il dispendio energetico per coprire le distanze.
Nel 2019 è stato, inoltre, lanciato Fairphone 3, un cellularedi matrice olandese,con caratteristiche simili a modelli più conosciuti di fascia media, ma progettato per consentire il ricambio della singola parte che si rompe, riducendo l’impatto ambientale.
Per visualizzare il consumo di elettricità e le emissioni di gas a effetto serra della navigazione in Internet, la Ong Shift Project propone il calcolatore Carbonalyser.