Le energie del futuro: la strategia delle bio-masse dell’Europa
Chiaro l’obiettivo del New Green Deal annunciato da Ursula Von Der Leyen lo scorso 11 dicembre 2019: l’Europa vuole e deve diventare carbon neutral entro il 2050 e abbattere del 40% le emissioni entro i prossimi 10 anni.
Biomasse, prodotti naturali, residui organici: queste le parole chiave del futuro. Diventeranno, quindi, centrali gli impianti produttivi, in particolare, le bio-raffinerie d’Europa e tutti quegli impianti che oggi trasformano le biomasse in biocarburanti.
Ma a che punto siamo in Europa?
Secondo il sondaggio di Nova Institute, in Europa ci sono 224 impianti di bio-raffinerie che si occupano della produzione di bio-carburanti, bio-oli eccetera attraverso vari processi dalla pirolisi alla gassificazione, alla termoliquefazione, all’utilizzo di energie rinnovabili.
Spesso le bio-raffinerie nei diversi Paesi partono dalle materie specifiche e caratterizzanti del luogo di produzine. Così, per esempio, nei Paesi Scandinavi le bio-raffinerie partono dal legname, in Olanda si distingue la produzione di bio-etanolo dal mais, in Romania si ottengono bio-carburanti dalla trasformazione della paglia e dell’amido di mais. Alcuni progetti addirittura nel futuro prevedono lo sviluppo di impianti per la trasformazione di materie prime derivanti da alghe o addirittura insetti.
In Italia, per esempio, degno di menzione il progetto pilota realizzato da ENI a Gela, basato sulla tecnologia waste to fuel, ossia ottenere bio-oli e acqua dagli scarti alimentari. Da 100 kg di FORSU, ossia i rifiuti solidi urbani, il più popolare “umido”, si possono ottenere sino a 16 kg di bio-olio. In questo modo si recupera sino all’80% del contenuto energetico di partenza
L’obiettivo in tutti i casi è, comunque, utilizzare prodotti rinnovabili – soprattutto i “bio-carburanti avanzati” indicati dal RED II, la Direttiva Europea Reneweable Energy Directive – diminuendo i costi attuali, migliorando contemporaneamente la filiera dell’economia circolare.
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